Spending review?

Quando mi sono iscritto a Matematica a Pavia eravamo 26. Non è un numero campato per aria, così tanto per. Eravamo proprio 26. Certo, se fossimo stati 563 forse non avrei ricordato il numero preciso: avrei magari arrotondato alle decine, per esempio. Invece eravamo talmente pochi che mi ricordo il numero esatto.

Uno dei motivi che mi ha fatto propendere per una materia poco gettonata è stata una borsa di studio che l’Istituto Nazionale di Alta Matematica (INdAM) ha messo a disposizione di 50 studenti meritevoli. Con la condizione, ovviamente, di iscrivermi a matematica.

Ebbene, tra le varie proposte del Governo Italiano per risparmiare soldi c’è proprio quello di abolire l’INdAM, che verrebbe accorpato al CNR. Di per sé forse non sarebbe nemmeno una questione così drammatica, se non fosse che, a detta dell’Istituto, il risparmio portato da questa mossa sarebbe quantificabile intorno a qualche decina di migliaia di euro l’anno.

Ne vale la pena? Davvero non ci sono altri posti dove andare a prendere spiccioli come questi? Perché bisogna sempre colpire i (pochi) centri di ricerca, che quasi mai sono davvero centri di spesa rilevanti?

Nel mio piccolo, intanto, mi tengo il mio bel titolo di studio, visto che è probabile che in futuro diventerà sempre più raro.

[Segnalo, sull’argomento, l’ottimo articolo di Silvia Bencivelli, Il bosone e la spending review: non ci si annoia mai con la scienza italiana]

Trovare il petrolio

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Oggi post estremamente qualunquista.

In questi ultimi mesi ho ideato un sistema efficacissimo per trovare il petrolio, anche dove nessuno avrebbe immaginato potesse nascondersi. Basta procedere nel seguente modo:

  • Isolare la zona dove si vuole verificare la presenza dell’oro nero.
  • Creare dal nulla una nazione nel territorio selezionato.
  • Instaurare un dittatore sanguinario nella regione.
  • Attendere la rivolta della popolazione.

Una volta che la rivolta si è innescata, trarre il risultato è facile: se i media di tutto il mondo si interessano al dittatore, alle rivolte, ai morti, ecc. allora significa che il territorio contiene petrolio, altrimenti no.

Se inoltre gli Stati Uniti d’America si adoperano per scalzare militarmente il dittatore, allora significa che la quantità di petrolio è molto alta.

Ora non mi resta che brevettare questo sistema e diventare ricco.

SOS

La situazione è grave. Quando in un Paese che si definisce democratico l’opposizione è ridotta a chiedere aiuto all’estero, significa che una possibile dittatura è alle porte.

L’Italia dei Valori, quella che io considero l’unica vera forza di opposizione all’attuale governo guidato da Berlusconi, ha cavalcato l’onda del G8 per far sapere al mondo come in Italia la democrazia sia realmente a rischio. Ha parlato del Lodo Alfano, ha parlato del processo Mills, ha parlato della cena tra Berlusconi e due dei Giudici della Corte Costituzionale.

Tuttavia, ed è questo il vero problema, in Italia queste cose le sappiamo. Non siamo in Cina. I nostri giornali, anche se con meno attenzione di quanto potremmo aspettarci, le notizie le danno ancora. I telegiornali meno, è vero, ma il processo Mills e il Lodo Alfano sono informazioni che non sono passate inosservate.

Quello che dobbiamo chiedere all’estero, quindi, non è di liberarci di Berlusconi, ma di insegnarci a pensare con la nostra testa e, soprattutto, a votare. Il problema non è il Presidente del Consiglio che censura, perché non sono nemmeno troppo convinto che lo faccia davvero. Il nostro problema sono i giornalisti che si autocensurano per non perdere il posto, sono i pensionati che guardano solamente film e telenovele e, cosa ancora più grave, i molti, troppi giovani che credono nei reality.

Uscite, fate un giro, oppure state a casa e leggete internet. La vera informazione è qui; lo sono i blog, i giornali di ogni parte del mondo, lo sono le persone comuni che tutti i giorni usano la rete anche solo per dire come si sentono. Tramite Twitter il mondo ha saputo delle scosse sismiche in Abruzzo con tre ore di anticipo rispetto all’informazione tradizionale.

Questo è il futuro, ma solo nel nostro paese. Nel resto del mondo, infatti, è già presente.

Informazione completa

Ogni tanto mi illudo che ci siano giornali che danno tutte le notizie. Il giornale perfetto, direi. E in quanto tale non esiste.

Una tragedia ha colpito l’Italia, parlo dell’esplosione del vagone carico di GPL presso la stazione di Viareggio. Una tragedia che viene usata per coprire i fatti sgraditi all’una o l’altra parte politica.

Sì, perché se è vero che (giustamente) tutti i giornali hanno dato peso alla notizia di cronaca, la Repubblica ha taciuto una notizia scomoda al centro sinistra: l’azzeramento della giunta regionale della Puglia da parte del Governatore Nichi Vendola. Quando a maggio il Governatore della Sicilia aveva fatto la stessa cosa con la Sicilia il quotidiano romano aveva dato ampio risalto alla notizia. A cercare bene, comunque, l’articolo esiste, ma non è linkato da nessuna parte nella homepage.

Non so se consolarmi del fatto che nemmeno il Corriere della Sera (versione online) abbia inserito la vicenda nella prima pagina. A dire il vero non ho trovato la notizia nemmeno cercando nella sezione “Politica”. Tuttavia, di una testata ormai in crisi come quella di Via Solferino non mi stupisco: ha preferito inserire la notizia di una coppia giapponese che ha ricevuto a Roma un conto da 700 euro in un ristorante vicino a Piazza Navona.

Addio alla libertà

Dopo il post di addio al noto locale “Thunder Road” di Codevilla che oggi chiude i battenti, un altro pezzo di storia se ne sta andando. Si tratta della libertà dell’individuo, che ormai è minacciata da più fronti dall’attuale governo.

La legge sulle intercettazioni (1)

Troviamo in primis la nuova legge-bavaglio, appena approvata dalla Camera dei Deputati. Si tratta di una norma che impedisce l’utilizzo delle intercettazioni nei processi, tranne per motivi di mafia o terrorismo. In pratica se io dico a un mio amico che ho fatto una rapina in banca e vengo intercettato, la mia telefonata non può essere utilizzata in sede legale come prova a mio carico.

Se questo già non fosse sufficiente per urlare al golpe, dobbiamo tuttavia dare le giuste colpe. Leggendo la trascrizione della seduta, si legge infatti: “Avverto che il presidente del gruppo del Partito Democratico ha richiesto, ai sensi dell’articolo 51, comma 2, del Regolamento, che la votazione finale abbia luogo a scrutinio segreto.”

Perché? Semplice: alcuni Deputati del PD hanno votato con la maggioranza! Altro che golpe, qui siamo all’inciucio vero e proprio.

La legge sulle intercettazioni (2)

Come se non bastasse, all’interno della norma appena approvata alla Camera c’è un piccolo, invisibile comma che limita la libertà del web. Nella fattispecie, riassumendo, il detentore del sito internet diventa automaticamente responsabile dei contenuti pubblicati. Se questo apparentemente sembra sensato, non lo diventa nel momento in cui le persone possono commentare sui blog e scrivere sui forum. I commenti a questo articolo, secondo la legge in approvazione, diventerebbero di fatto farina del mio sacco e dovrei rispondere personalmente di ciò che in essi viene scritto.

I blog come questo, con poche visite al giorno, potranno anche sopravvivere, ma siti web più importanti come il blog di Beppe grillo o quello di Marco Travaglio subirebbero un pesante colpo.

Le ronde

La ciliegina sulla torta, per chi ancora pensasse che siamo in un paese libero, arriva con le ronde. Di fatto la norma già in funzione e voluta dalla Lega Nord ufficializza gruppi di comuni cittadini facendoli diventare veri e propri tutori dell’ordine, con un dubbio controllo sull’effettivo svolgimento del compito. Se all’inizio la cosa sarà magari gestita in modo rigoroso, chi mi dice che un domani non vengano a prendermi a casa perché voto dalla parte sbagliata? O chi mi dice che l’extracomunitario di turno non venga malmenato perché “sospettato” di aver commesso un crimine?

Colpo di scena

Per la prima volta nella storia della giurisprudenza mondiale (almeno per quanto io ricordi), internet è stato considerato diritto fondamentale di ogni cittadino. Il Consiglio Costituzionale francese ha infatti reputato contrario alla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo (del 1789) la legge appena approvata dal governo che obbliga i provider a disattivare la connessione a internet per tutti quegli utenti che vengano “pizzicati” a scaricare musica e film da internet tramite il circuito peer to peer. La famosa norma, voluta dalle case discografiche, di fatto viene quindi svuotata della sua componente fondamentale, nonché deterrente per qualunque utente della rete. Al suo posto l’utente riceverà una “nota sul registro” che li sculaccia per aver scaricato materiale protetto da copyright da internet. Quanto poi questa letterina possa spaventare gli utenti è tutta da vedere.

Dopo lo straordinario risultato del Partito Pirata in Svezia, che è riuscito a prendere un parlamentare europeo, ecco una seconda pesantissima stangata per le case discografiche e cinematografiche.

Vale la pena accostare la situazione della Francia con quella dell’Italia, almeno in due punti.

  1. Il Consiglio Costituzionale francese opera in modo analogo alla Corte Costituzionale italiana. Tuttavia tra le due esiste una enorme differenza: quella francese agisce prima che la legge venga approvata. Se quella italiana funzionasse nello stesso modo, probabilmente ora l’Italia non avrebbe il lodo Alfano e, soprattutto, Berlusconi sarebbe processato per il caso Mills.
  2. È curioso come nello stesso giorno in cui in Italia viene approvata (con tanto di fiducia) una legge che impedisce la pubblicazione delle intercettazioni, in Francia una legge molto meno dittatoriale viene stroncata sul nascere perché di intralcio alla libertà di informazione di ogni individuo. D’altronde, sempre in questi giorni, Sarkozy ha incontrato Obama, mentre Berlusconi è pappa e ciccia con Gheddafi.

Il voto disgiunto

Oggi è stato il giorno del voto.

Entrato nel seggio, mi sono reso conto che non mi ero informato sul voto disgiunto. Sapevo da tempo che si poteva votare un candidato sindaco e dare la preferenza per un candidato consigliere di un’altra lista, ma di fatto non avevo idea di come si facesse. Dove si deve mettere la croce? Devo metterne due? Posso metterne due?

Per questa volta, onde evitare di sbagliare e di rendere nullo il mio voto, mi sono astenuto dalla preferenza. Sperando di evitare che accada a qualcun altro, scriverò ora ciò che ho appena imparato su questa scelta di voto.

Il voto disgiunto, innanzi tutto, è una pratica utilizzata solo per le elezioni amministrative. Il motivo è semplice: in ambito locale è facile che ogni elettore conosca persone nelle quali ripone fiducia, pur appartenendo queste a liste politiche diverse. Per votare in questo modo si deve barrare il nome del candidato sindaco e semplicemente scrivere il nome del consigliere a fianco della lista cui il consigliere appartiene. Il fatto di barrare o meno anche il simbolo di lista del consigliere è del tutto facoltativo.

Ammetto che la regola è piuttosto semplice, in piena filosofia “cercare di comprendere le volontà dell’elettore senza però che quest’ultimo possa lasciar traccia del suo passaggio”, ma ugualmente non ho voluto rischiare. Sarà per la prossima volta.

Il voto alle porte

A ogni tornata elettorale mi sembra di essere l’unico fuori dal mondo: vado in giro, guardo i manifesti, seguo i dibattiti, mi informo. Sapendo, ahimé, che gran parte delle persone sa già a priori a chi consegnare il comune, l’Italia o, in questo caso, l’Europa.

In particolare per le votazioni del Comune di Pavia, sono stato molto combattuto perché attaccato da tre fronti:

  • Il voto utile, ovvero Albergati.
    Che le elezioni finiscano con un testa a testa tra i soliti due maggiori partiti non è una grande novità. Proprio per questo è nato il concetto di voto utile per cui il cittadino “sceglie” il meno peggio dei due, votando per fare sì che non vinca il peggiore. Ormai l’idea di un Obama-like, ovvero che il meno peggio sia anche il meglio, è in Italia una lontanissima utopia.
  • Il voto di protesta, ovvero Campari.
    Per un po’ volevo votare la candidata dei grillini Irene Campari. Si tratta del classico voto di protesta, quello che uno dà perché stufo della politica così come viene vissuta nel nostro paese. Tuttavia mi è stato sufficiente sentirla parlare per decidere che protesta sì, ma a tutto c’è un limite. Un esempio su tutti: durante lo spettacolo di Grillo a supporto di Irene Campari, persino il comico genovese è dovuto intervenire per fermare la logorrea comunista (e un po’ qualunquista) della sua candidata.
  • Il voto per il meglio, ovvero Paolo Ferloni.
    Non sempre c’è solo il peggio. Quest’anno a Pavia si è candidato un professore universitario di chimica che sembra avere le idee giuste e una squadra a supporto veramente interessante. Tuttavia si tratta di una lista civica che poche speranze ha di conquistare il governo della città.

Alla fine, stufo delle solite parole, ho optato per il terzo candidato, Paolo Ferloni: fuori dalle logiche di partito, stimato professore (ma non troppo, come lo scandaloso caso del Prof. Bignami), buone idee.

Per quanto riguarda le Europee non ho mai avuto dubbi: Italia dei Valori, preferenze a De Magistris, Alfano, Vulpio.

Ora smetto, domani c’è la giornata di silenzio elettorale per far riflettere i cittadini. I quali, spero, decidano con la loro testa e non con quella dei partiti.

La mediocrità al potere

Per questo post volevo cercare un titolo divertente, ma sono talmente schifato dalla politica italiana che qualunque tipo di divertimento sarebbe stato fuori luogo. Riporto di seguito una lettera che ho inviato a Gabriella Carlucci, deputato del Popolo delle Libertà nel Parlamento Italiano.

On. Gabriella Carlucci,
sono un programmatore informatico di 25 anni e Le scrivo per esprimere il mio sdegno nei confronti di alcuni Suoi articoli pubblicati sul blog http://www.gabriellacarlucci.it. In particolare mi riferisco al post del 19 dicembre 2008, in cui sostiene che scaricare film e musica da internet sia più costoso che acquistarli. Non solo la Sua tesi è palesemente falsa, ma a mio parere il ragionamento per giungere alla conclusione è totalmente privo di fondamento. Secondo la Sua ricostruzione, chi scarica musica e film da internet utilizza il pc, la connessione internet e la corrente elettrica per fare solamente quello. Inoltre, secondo il Suo ragionamento comprare legittimamente musica da internet utilizzando iTunes sarebbe anti economico: oltre a spendere le esorbitanti cifre che Lei snocciola nel suo articolo, bisogna aggiungere la spesa per l’acquisto del brano. Da cui si deduce che conviene scaricarlo illegalmente. Incredibile come si possa giocare con i numeri, no? Sempre secondo il Suo ragionamento, bisognerebbe poi aggiungere a favore del noleggio il costo dell’attrezzatura. Per scaricare da internet ho bisogno di pc, connessione, ecc. e per vedere il DVD noleggiato no? Ho sicuramente bisogno di un televisore (800 euro), un lettore DVD (100 euro) e magari un buon impianto stereo (1000 euro).

Certo, di molte di queste cose si può fare a meno, ma è possibile privarsi anche di un pc da 1000 euro, visto che per scaricare musica e film da internet è sufficiente un vecchio scatolotto di qualche anno fa con un hard disk capiente, il tutto reperibile senza problemi a meno di 200 euro.

Trovare scappatoie inutili per convincere la popolazione non porterà alcun risultato: un conto è la legge, l’altro è trovare scappatoie per evitare di applicarla. L’unico modo per rimettere in piedi un mercato florido della discografia è abbassare drasticamente i prezzi di musica e film. In questo secondo caso, ad esempio, il divario tra prezzo e valore è enorme. Mi spiego meglio. Vado spesso al cinema, amo andare al cinema, spendo i miei 7 euro per andare al cinema. Questo perché il cinema offre vantaggi e spettacolarità che il film scaricato (o noleggiato, certo!) non offrirà mai. Infatti il mercato del cinema è stato intaccato solo marginalmente dal fenomeno della pirateria. Inoltre, secondo quanto leggo regolarmente sui giornali, una volta che il film esce dalle sale cinematografiche per dirigersi al mercato domestico, ha già incassato più di quanto sia stato speso per produrlo. Perché quindi vendere un DVD del costo di 15 centesimi a prezzi esorbitanti come 20 euro? Si capisce bene che la sproporzione è notevole.

Un ragionamento analogo può essere fatto per il mercato della musica. Esce un disco, l’autore prepara il tour, le radio ci bombardano della nuova hit. Se si sommano gli incassi per i diritti e quelli dei concerti, si copre abbondantemente il costo di produzione del CD, che quindi può essere venduto a prezzi infinitamente inferiori a quelli attuali.

La soluzione non è far soldi sul supporto fine a se stesso: quell’epoca è finita. L’incasso lo farà il valore aggiunto: la proiezione al cinema, il gadget, i diritti di riproduzione in radio e in televisione, i concerti live. Tutto il resto è una guerra persa, e sono convinto il tempo mi darà ragione.

Saluti
Alessio Palmero Aprosio