Quando mi sono iscritto a Matematica a Pavia eravamo 26. Non è un numero campato per aria, così tanto per. Eravamo proprio 26. Certo, se fossimo stati 563 forse non avrei ricordato il numero preciso: avrei magari arrotondato alle decine, per esempio. Invece eravamo talmente pochi che mi ricordo il numero esatto.
Uno dei motivi che mi ha fatto propendere per una materia poco gettonata è stata una borsa di studio che l’Istituto Nazionale di Alta Matematica (INdAM) ha messo a disposizione di 50 studenti meritevoli. Con la condizione, ovviamente, di iscrivermi a matematica.
Ebbene, tra le varie proposte del Governo Italiano per risparmiare soldi c’è proprio quello di abolire l’INdAM, che verrebbe accorpato al CNR. Di per sé forse non sarebbe nemmeno una questione così drammatica, se non fosse che, a detta dell’Istituto, il risparmio portato da questa mossa sarebbe quantificabile intorno a qualche decina di migliaia di euro l’anno.
Ne vale la pena? Davvero non ci sono altri posti dove andare a prendere spiccioli come questi? Perché bisogna sempre colpire i (pochi) centri di ricerca, che quasi mai sono davvero centri di spesa rilevanti?
Nel mio piccolo, intanto, mi tengo il mio bel titolo di studio, visto che è probabile che in futuro diventerà sempre più raro.
[Segnalo, sull’argomento, l’ottimo articolo di Silvia Bencivelli, Il bosone e la spending review: non ci si annoia mai con la scienza italiana]