Acqua, un bene di lusso

(Pubblico qui di seguito la lettera inviata all’Adige, che il quotidiano ha pubblicato in data odierna nello spazio riservato alle segnalazioni dei lettori)

Spett.le Adige,
vi scrivo per parlarvi di un aspetto della nuova apertura del Burger King che mi ha lasciato alquanto perplesso.

Ho letto più volte (sull’Adige e su altri media) di come questa apertura abbia creato posti di lavoro e di quanto il gigante americano abbia sottolineato che molti suoi prodotti sarebbero stati acquistati in Italia, alcuni addirittura da produttori locali.
Ammetto di essere molto attratto da questo tipo di cibi, pertanto ho voluto provare subito il nuovo arrivato (mercoledì 20 gennaio, intorno alle 22.30). Mi avvicino al bancone e ordino il menu. Non mi viene chiesto quale bevanda voglia (come accade negli altri ristoranti della catena e nella maggior parte di quelli della concorrenza), ma mi viene fornito un bicchiere vuoto. La peculiarità del Burger King di Trento è la possibilità di riempire il proprio bicchiere infinite volte, con la bibita che più si preferisce (questa opzione viene chiamata “free refill”). Stuzzicato da questa novità, prendo il mio bicchiere e vado dalle bibite. Ci sono tutte: Coca Cola, Fanta, Sprite, tè al limone, addirittura il ghiaccio, ma… noto subito un’assenza pesante, ovvero l’acqua. Nonostante quei distributori producano in loco le bibite a partire dall’acqua, quest’ultima non è prevista dal distributore.
Torno quindi un po’ scettico alla cassa, chiedendo come sia possibile avere della banale acqua, e la ragazza mi risponde gentilmente che dovevo dirlo prima e che ormai avrei dovuto pagare l’acqua a parte (notare che non avevo ancora utilizzato il mio bicchiere vuoto). Ma come? Posso prendere infinite volte le bibite zuccherate e gasate, peraltro dannose per la salute, ma devo ricordarmi di chiedere l’acqua prima?
Infine, la beffa finale: se anche avessi preso l’acqua, ne avrei avuto solo il mezzo litro canonico della bottiglietta, senza possibilità di free refill.

Sono rimasto negativamente sorpreso da una politica aziendale così ottusa e orientata al puro marketing. Altro che produttori locali e “made in Italy”: qui le multinazionali che producono bevande riescono a imporre la loro presenza in modo così determinante da far diventare l’acqua una bevanda di lusso e negarla ai consumatori meno attenti.

Spero vivamente una marcia indietro del Burger King di Trento, altrimenti temo che la mia visita della scorsa settimana sarà anche l’ultima.

Nel ringraziare dell’attenzione, porgo distinti saluti.
Alessio Palmero Aprosio

It’s over, iFixit?

Ho sempre acquistato/usato volentieri prodotti Apple, perché durano di più, sono più pratici e funzionano meglio. Inoltre, anche se è un fattore marginale, sono… belli!

Tuttavia, una delle politiche che sempre ho criticato dell’azienda di Cupertino è stato il suo essere poco ecologica. Già nel 2006 Greenpeace aveva lanciato la campagna “Green my apple“, in maniera peraltro molto soft se confrontata con le usuali campagne dell’associazione, per sottolineare la stima di Greenpeace verso l’azienda americana. All’epoca, Apple sembrava aver colto il problema, e si era premurata di predisporre una pagina web che spiegasse quanto i suoi dispositivi fossero “green”.

Quindi mi è crollato un mondo quando ho visto l’home page di iFixit, un popolare negozio online dove si possono trovare manuali per disassemblare i vari dispositivi Apple nonché i pezzi di ricambio che possano allungare la vita a un iPhone con lo schermo rigato, a un Mac con una batteria poco durevole e così via. Sarebbe stato acquisito da Apple!

Poi, però, ho letto lo slogan in prima pagina e non ho più avuto dubbi:

Why “fix it yourself”when you can upgrade? No need to waste time repairing your Apple device. Upgrade it instead. With iFixit’s help, there will always be a newer, better device for sale. (Perché aggiustarselo per conto proprio, quando puoi aggiornarlo? Non c’è bisogno di perdere tempo per riparare il tuo device Apple. Aggiornalo, invece. Con l’aiuto di iFixit, ci sarà sempre in vendita un dispositivo più nuovo e migliore)

Buon primo aprile a tutti!

Dal riciclo al riuso

La plastica è comoda, e su questo (purtroppo) non c’è alcun dubbio. Però il suo utilizzo indiscriminato è una piaga della nostra società, che nessuno è ancora riuscito a contrastare. Io ho un’idea, che vorrei venisse discussa, per capire se è fattibile oppure no.

Attualmente compro quasi sempre bibite in bottiglia di vetro in una catena di supermercati che utilizza sistemi di vetro a rendere. L’idea è semplice: io compro la bibita a 75 centesimi, la consumo, poi riporto il vetro e mi vengono restituiti 15 centesimi. Il sistema è paradossalmente ancora migliore del riciclaggio, perché fa sì che la medesima bottiglia venga usata più volte. Essendo poi in vetro, ha una vita praticamente eterna. Le persone più vetuste sogghigneranno nella consapevolezza che il sistema era ampiamente utilizzato prima della diffusione a basso costo della plastica: spesso tornare sui propri passi non è sinonimo di arretratezza, ma di ammissione che una certa direzione si è rivelata sbagliata.

Il nemico della diffusione di questa idea è che il vetro pesa, e il lavaggio costa. Più di quanto non costi imbottigliare nella plastica. Ecco quindi la proposta.

  • Le bottiglie di plastica devono venire tassate in una misura che ne parifichi il prezzo con l’uso del vetro (possibilmente a rendere). Chi vuole acquistare la plastica per praticità (magari per fare una festa in un luogo distante dal supermercato dove acquista la bevanda) può continuare a farlo, con un piccolo sovrapprezzo.
  • L’azienda che produce bibite *deve* obbligatoriamente fornire (almeno oltre una certa capacità del contenitore, per esempio un litro) anche l’alternativa in vetro, possibilmente a rendere.

Vantaggi:

  • Il primo punto garantisce un introito (per lo stato e/o l’ente pubblico) utilizzabile per i costi di riciclo/smaltimento della plastica.
  • Il secondo punto garantisce al consumatore la possibilità di fare una scelta consapevole: se compro le bevande per l’uso quotidiano, posso usare il vetro; se invece mi serve al volo la praticità (indubbia) della plastica, posso continuare a usufruirne, ma a un prezzo maggiorato.
  • Sarebbe incentivato l’utilizzo di acqua del rubinetto, poiché il costo dell’acqua in bottiglia di plastica, ora molto basso, diventerebbe meno sostenibile.
  • La legge sarebbe a svantaggio più delle grandi aziende (praticamente monopoliste, come Nestlè per l’acqua, Coca-cola per le bibite, ecc.) rispetto alle piccole, che più probabilmente stanno già usando sistemi di vetri a rendere.

Non è niente di diverso rispetto a quello che già viene fatto per fumo e alcool: siccome esistono delle conseguenze, è giusto che l’acquirente si prenda carico delle spese. Che si tratti di costi medici o ambientali, sempre di costi si parla.

Update. Ho appena scoperto che alcuni supermercati hanno testato il sistema del vuoto a rendere anche per la plastica. [Il Fatto Alimentare]