Gare d’altri tempi

Auto d’epoca

Di questi giorni è la soluzione francese al problema delle vittime dell’alcool sulle strade. Secondo la proposta, l’automobilista recidivo “pizzicato” ubriaco alla guida del suo bolide rischia il sequestro temporaneo dell’autoveicolo: il tempo necessario per l’installazione di un pratico marchingegno che misura la quantità d’alcool nel sangue. E se il guidatore non supera il test? Nessun problema: andrà a piedi, perché il suo bolide si rifiuterà di accendersi.

Devo dire che questa soluzione mi piace. Davvero. A parte un piccolo bug del sistema: se riesco a trovare nei paraggi (o magari è direttamente un mio passeggero) una persona sobria, posso sempre chiedergli se mi fa “un tiro” per accendere la macchina.

Io invece avrei altre due soluzioni, una preventiva e una punitiva.

Quella preventiva consiste nel limitare la velocità delle gare automobilistiche: massimo 130 km all’ora anche per le auto di Formula 1. E che cazzo: ci credo che tutti vogliono correre a più non posso (in particolare se “gasati” dall’alcool e magari da una bella ragazza adescata in discoteca), quando ogni domenica ci somministrano automobili a 300 all’ora! Forse lo spettacolo ne risentirebbe un pochino, ma vuoi mettere la soddisfazione di vincere una gara di questo tipo?

Tutto questo mi ricorda l’intervento intrapreso dalla Melandri per contrastare il fenomeno crescente dell’anoressia: rinunciare a modelle filiformi e introdurre nel mondo della moda persone finalmente “normali”.

Tornando alla guida, rimane la mia idea per l’ambito punitivo. Suggerirei di considerare arma a tutti gli effetti un’automobile in caso di guida sotto l’effetto di alcool. Uccidi una persona perché sei ubriaco e non l’hai vista? Perfetto: da un punto di vista legale equivale ad aver ucciso con una rivoltella. Con tutte le conseguenze a cui il fatto porta.

A questo ovviamente va aggiunto un “premio” per gli automobilisti sobri. Non sarebbe  male, ad esempio, gestire i limiti di velocità sulle Autostrade italiane come vengono gestiti in Germania: virtualmente non esiste alcun limite, se non in alcuni punti considerati più pericolosi. Dove. però. chi sgarra viene punito. Sempre.

Diamo i numeri

Natalie Portman

La foto potrebbe trarre in inganno, così come le categorie cui appartiene questo post. Eppure non c’è limite ai legami, mentali e non, che l’uomo riesce a fare tra argomenti più disparati.

Perché è di legami che si tratta. Un famoso matematico ungherese, Paul Erdos, era diventato negli anni Sessante il protagonista di un divertente “gioco” messo in piedi in conseguenza alla sua incredibile fertilità artistica. Poiché nella sua vita ha scritto articoli con ben 509 matematici diversi, era usanza tra gli addetti ai lavori chiedersi quale fosse il numero di Erdos di ciascuno. Tale valore altro non era che il numero minimo di collaborazioni (in termini di articoli) per “arrivare a lui”. Ad esempio chi avesse scritto un articolo con Erdos stesso aveva numero di Erdos 1, chi avesse scritto un articolo con uno di questi ultimi aveva numero di Erdos 2, e così via. Il Prof. Gilardi, docente di Analisi a Pavia, sfoggia sulle pagine del suo sito il numero di Erdos 4.

Ecco che i numeri, i legami e la matematica iniziano a rischiarare questo post dai mille significati. Ma che cosa c’entra Natalie Portman (l’attrice nelle foto) in tutto questo carosello di scienziati? Ebbene, girando sul web ho scoperto che la sexy-Imperatrice di Star Wars possiede un numero di Erdos. Ed è 7, per la precisione, come scrivono i molti siti amatoriali a lei dedicati e come giustamente scrive anche Wikipedia. L’articolo che la proietta nel mondo della scienza è Frontal Lobe Activation during Object Permanence: Data from Near-Infrared Spectroscopy, scritto a 12 mani nel 2001. Nel paper l’attrice ha ovviamente usato il suo vero nome, Natalie Hershlag, e la sua laurea in psicologia.

E poi dicono che i laureati in psicologia non trovano lavoro…

Commissione all’italiana

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Finalmente è uscito il bando della Commissione Acersat, ovverosia l’organo dell’Università di Pavia preposto a finanziare le iniziative degli studenti. Per la prima volta quest’anno, il giornale Inchiostro non ha ricevuto di default i finanziamenti per tirare avanti, per cui è necessario fare richiesta e sperare che l’Università abbia compassione di un povero giornale squattrinato.

Non sarà comunque facile: gli interessi in gioco sono molti e la forza politica di Inchiostro è praticamente nulla. Basti pensare che la Commissione che assegna i fondi è composta da tre docenti e tre studenti, rappresentanti delle tre liste universitarie (Coordinamento per il Diritto allo Studio – UDU, Ateneo Studenti, Azione Universitaria), e che le associazioni che rappresentano richiedono a loro volta i fondi alla Commissione. Quindi il rappresentante dell’associazione X, durante la seduta della Commissione, dovrà votare quali iniziative finanziare e quali no. Secondo voi voterà a favore o voterà contro le iniziative presentate dalla sua associazione? E voterà a favore o voterà contro un’iniziativa di un gruppo esterno che rischia solo di “rosicchiare” euro dal budget complessivo dedicato agli studenti?

Se tutto questo non bastasse, c’è da aggiungere che le associazioni non rappresentate negli organi accademici devono anche raccogliere 50 firme per “dimostrare” di avere un seguito. Doppia fregatura, quindi: Inchiostro, oltre a non essere rappresentato e quindi rischiare di essere osteggiato in Commissione, deve anche raccogliere 50 firme di studenti universitari. Per fortuna da quest’anno la procedura è online. Chi desidera firmare per supportare la causa di Inchiostro può seguire questo link, accedere alla procedura attraverso il collegamento in fondo alla pagina e firmare inserendo i propri dati universitari come specificato nell’apposito form.

Per chi non credesse a quello che ho scritto in questo post, rimando ad alcune pagine interessanti:

Adesso basta

Pallone

Nel recente post La guerra preventiva sostenevo che in Italia, prima di prendere una decisione, dovesse scapparci il morto. Mi sbagliavo, o per lo meno non consideravo le situazioni anomale, quelle per cui le regole della vita non valgono. Un po’ come i verbi irregolari nella grammatica italiana.

Il fatto è semplice quanto agghiacciante: un poliziotto ha ucciso un tifoso laziale in un Autogrill. Non voglio nemmeno sapere chi ha torto e chi ha ragione, il fatto in sé deve far riflettere. Ci avevano promesso che non doveva più succedere, eppure è successo. Anche in questo frangente, dove occorre prendere decisioni difficili, questo governo si è rivelato senza palle…

Gli uffici del Coni vengono devastati. I tifosi lanciano una bomba carta all’interno dell’atrio danneggiando i marmi. Completamente distrutto l’orologio con il count down verso le Olimpiadi di Pechino 2008, tutte le vetrate rivolte al lato di Lungotevere e i computer della reception. (dal sito di Repubblica)

Non si può andare avanti così: il calcio deve prendersi una pausa di riflessione, come nelle migliori coppie in difficoltà.

Io voto per un anno senza calcio.

Perché perché
la domenica mi lasci sempre sola
per andare a vedere la partita
di pallone
Perché, perché…
… questa volta non rimani qui con me!

Aperto batte chiuso

Tux beve Windows Xp

Ieri è stata una giornata massacrante. Sono andato nella sede di Conforama, un’azienda che possiede una catena di supermercati, per installare un programma gestionale realizzato da AeB, una delle aziende con cui collaboro.

Nulla di strano, fin qui, se non fosse che un lavoro che pensavo mi occupasse meno di una mattinata si è protratto fino al tardo pomeriggio per cause “informatiche”.

Il primo problema è stato di natura organizzativa: il server (cioè il computer) dove doveva essere installato il programma non aveva i tool necessari. No problem, basta installarli. Essendo tutto il software in questione di tipo proprietario (che si differenzia per quello libero, detto open source), bisogna avere i CD. Ma non basta: bisogna anche trovarli. Superato questo scoglio, l’installazione ovviamente non si concluse senza problemi. Non starò a elencare tutto quello che abbiamo passato; basti sapere che IIS e SQL Server (i due prodotti mancanti necessari) non sono stati pronti prima di pranzo.

Ora mancava il motivo della nostra visita, il programma fatto da noi. Anche qui la via non è stata facile, perché Windows non lo voleva. Probabilmente una sorta di rigetto, visto che il linguaggio da me utilizzato era open source. “Non hai i permessi necessari”, mi diceva. Odio i permessi di Windows. Sono fatti al contrario: è uno dei sistemi operativi più bucati del mondo, ci entrano persino i pesci rossi, ma se vuoi entrarci tu che ne hai i privilegi ti fa mille storie. Un po’ come avere un cane da guardia che ti abbaia e ti chiede i documenti quando arrivi, mentre lascia passare tutti gli altri solo perché sono stati più furbi (i cosiddetti hacker, per intenderci, anche se il termine è usato in modo improprio).

Se avessi usato le due alternative open source “di punta” per questo genere di prodotti, ovvero Apache e Mysql, probabilmente ci avrei messo meno. Un po’ come comprare musica da internet o scaricarla col peer to peer, con la differenza, non da poco, che usare software libero non è illegale!

La conclusione della giornata non è andata meglio: a causa dello sciopero dei trasporti, mi ci sono volute due ore e mezza per tornare a Pavia dalla periferia ovest di Milano. Quando inventeranno il teletrasporto? E che sia open source, per favore…

Soddisfazioni

Tazza regalo

Capita poche volte nella vita di poter dire: “sono soddisfazioni”. Alcuni si accontentano della vittoria della propria squadra di calcio, altri trovano invece appagante vincere a scacchi contro un bambino di 10 anni alla prima partita. Il mio stato di “soddisfazione” è, ahimé, molto più difficile da raggiungere.

Tuttavia pochi giorni fa ho ricevuto una telefonata che davvero mi ha stupito e mi ha reso orgoglioso di me. Tre studenti lavoratori cui avevo fatto il tutorato di matematica a chimica, per ringraziarmi della mia disponibilità e del lavoro svolto, mi hanno fatto dono di una tazza (nella foto): un piccolo presente affinché io mi ricordassi di loro. In quello stesso momento, mi hanno anche confessato che erano dispiaciuti per la mia decisione di affrontare direttamente il mondo del lavoro e non proseguire la carriera accademica, in cui avrei potuto aiutare altri ragazzi come loro.

Queste sono le vere soddisfazioni.

E abbracciando Claudia, Emanuele e Giuseppe dico loro: grazie!

The Video Game Pianist

Video Games Pianist

Ha da poco compiuto 20 anni eppure nei due mondi apparentemente distanti della musica e dei videogiochi è già un mito. Il suo nome è Martin Leung, ma è per lo più noto come “Video Games Pianist“. Inizialmente sembrava il solito “sborone” che cerca di fare la figata da mettere su YouTube, ma poi, ascoltandolo meglio, mi sono reso conto che ha una marcia in più. Non per niente, indagando, ho scoperto che Martin è più famoso di quanto pensassi. Ha partecipato a diversi programmi televisivi e ha suonato concerti in tutto il mondo.

Il suo repertorio “spazia” (per usare un eufemismo) da Super Mario a Sonic, da Zelda a Final Fantasy. Vale la pena ascoltarlo. Sentire per credere.

La guerra preventiva

Risiko!

Ci lamentiamo senza sosta dei metodi americani, quando non sappiamo che stiamo vivendo dentro a una guerra preventiva bella e buona. In questi giorni (è sulla bocca di tutti) un giovane di nazionalità rumena ha aggredito e assassinato una ragazza romana durante una rapina. È qui che è scoppiata la guerra preventiva.

Non mi riferisco alle nuove norme che hanno dato maggiori poteri ai prefetti, ma a tutto quello che intorno a questo caso è nato: siamo italiani, e ogni tanto abbiamo bisogno di ricordarcelo.

Guerra preventiva è il lutto al braccio dei giocatori di Lazio e Roma, in occasione del derby: indossarlo prima del decesso della donna aggredita non è un po’ precoce? Dovrebbero indossarlo tutte le squadre in tutte le partite… tanto prima o poi qualcuno morirà. Sugli spalti, però, nessuno si è fatto male, nonostante si trattasse di un derby. Anche in questo siamo molto italiani: morire va bene, ma uno alla volta.

Guerra preventiva è il litigio tra destra e sinistra su argomenti come questo, dove essere uniti è fondamentale per dare un segno forte al Paese. Purtroppo siamo in democrazia, e l’opposizione deve fare il suo lavoro.

Guerra preventiva è pestare a volto coperto quattro rumeni in strada per il solo fatto che esistono.

Guerra preventiva, ma “giusta”, sarebbe stato occuparsi dei problemi veri quando era necessario, invece di litigare per approvare leggi inutili al Paese. Ora si corre ai ripari. E di nuovo siamo italiani: morire va bene, ma uno alla volta. Almeno uno.