Ecco come ti sfratto gli studenti

Pubblico un comunicato emesso da Step1, e ripreso dal Tascapane. Per chi non lo conoscesse, Step1 è un noto e attivissimo periodico on line creato e gestito dagli studenti dell’Università di Catania, forse il miglior rappresentante del genere a livello italiano.

A Catania, dove l’Università è indagata per i gravissimi fatti del “laboratorio dei veleni” della Facoltà di Farmacia, dovrebbe essere normale che l’applicazione delle norme sulla sicurezza costituisca una preoccupazione e che i responsabili se ne occupino seriamente. Il Monastero dei Benedettini è la perla degli edifici storici posseduti dall’Ateneo: in esso le celle dei monaci sono state trasformate in studi dei docenti, mentre i locali del pianoterra in piccole aule. Tutte queste aulette sono uguali: tutte presentano lo stesso dislivello e gli stessi gradini per colmarlo, tutte sono piccole, spesso anche troppo per il numero di studenti da ospitare, e in tutte l’aria ha difficoltà a circolare. Tutte uguali tranne una: l’aula 24. Con una nota del direttore amministrativo dell’Università, Lucio Maggio, ne è stata disposta l’«immediata chiusura», perché «presenta delle condizioni di esercizio non pienamente rispondenti alla norma (barriere architettoniche, minima areazione, unica via di esodo)».

Cos’ha di speciale quella stanza? Lì dentro si svolge un’attività didattica diversa dal comune. Quell’aula infatti ha da sempre ospitato le redazioni di Step1 e Radio Zammù, i media fondati nel 2004 dal giornalista Enrico Escher, allora docente a contratto della Facoltà di Lingue. Ambizioso l’obiettivo: un modello avanzato di formazione universitaria al giornalismo realizzata sul campo. Negli anni Step1 è diventato un vero magazine online, tanto che molti dei suoi studenti-collaboratori sono diventati giornalisti pubblicisti e due sono praticanti. Tutti formati dentro la piccola aula, che, pochi giorni fa laFacoltà aveva destinato a sala stampa studentesca e affidato a “Upress CTA Onlus”, l’associazione studentesca nata per promuovere la stampa universitaria.

Il braccio di ferro tra Lingue e i vertici d’Ateneo è cominciato nel 2008: la Facoltà propose un bando pubblico per affiancare agli studenti-redattori, con un contratto part-time, un giornalista professionista; l’Ateneo bloccò il bando, proponendo invece che l’attività di Step1 venisse sottoposta al visto del proprio ufficio stampa. Nell’estate del 2009 – nonostante pochi mesi prima, in periodo di elezioni, Recca avesse dichiarato che la voce indipendente di Step1 andava tutelata e definito Radio Zammù e Step1 «risorse da proteggere» – l’Ateneo decise che non poteva permettersi un giornale vero. Recca suggerì che la proprietà di Step1 venisse trasferita a un’associazione. A tal fine venne costituita “Upress CTA Onlus”. Ma mentre la Facoltà di Lingue ha dichiarato la sua disponibilità a cederle la testata, i vertici d’Ateneo non hanno mai dato il via libera, né speso una sola parola per spiegarne le ragioni.

Il filo che lega i fatti sopra elencati non è difficile da seguire. C’è un Rettore che non accetta l’esistenza di qualsivoglia spazio di dibattito libero e indipendente dentro l’Università. Che non accetta un modello sperimentale di formazione al giornalismo che sappia guardare oltre le angustie e le clientele del panorama editoriale cittadino. Ciò che non si accetta è, forse, la stessa idea che l’Università sia un insieme plurale di voci – universitas, appunto – piuttosto che un bene di cui il Rettore possa disporre come di cosa propria.

La redazione sta protestando contro questo ennesimo atto di prevaricazione da parte del Rettore con una pagina bianca, consultabile al sito www.step1.it.

Il commento dei vertici dell’Ateneo sulla questione non sorprende. Dopo aver riferito che il Rettore non ha nessuna intenzione di “giustificare” il suo atto, l’ufficio stampa dell’Ateneo ha aggiunto che: «Terminato l’adeguamento, l’aula sarà riassegnata seguendo la procedura tradizionale, aperta a tutto l’Ateneo». In sostanza, sconfessando la delibera del consiglio di Facoltà di Lingue, il discorso sull’affidamento dell’aula ripartirebbe da zero.

In una città difficile e controversa anche sul fronte dell’informazione come Catania, la presenza di un giornale- laboratorio per anni ha assicurato uno spiraglio di libertà – d’espressione e di formazione – dal valore non indifferente. Non riconoscerne il ruolo significa sottovalutare colpevolmente il significato civico di questa libertà, valido anche per tutti coloro che “da grandi” non faranno i giornalisti.

Ci chiediamo se tutte queste ragioni non siano sufficienti per far conoscere la nostra versione dei fatti.

Comunicazione scientifica

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Mi piace scrivere. Davvero. E scrivo di tutto, quando capita. A volte racconti, a volte articoli, a volte post per il blog.

Una delle cose che più amo che che più mi riesce meglio, però, è la divulgazione scientifica: sto seguendo un Master, a riguardo, e ho seguito vari seminari.

Tuttavia, solo un corso mi ha davvero appassionato dalla prima all’ultima lezione, ed è quello di Marco Cagnotti, che da oggi ha ripreso al Collegio Nuovo, tutti i lunedì e martedì sera, dalle 17 alle 19.

Lo consiglio vivamente a chiunque voglia capire come funziona il mondo della divulgazione scientifica, ai futuri giornalisti e anche a tutti coloro che vogliono tappare un buco di tre crediti nel piano di studi in un modo un po’ più divertente del solito.

Info: http://www.lcsd.it

Il teorema del gatto

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Ogni giorno il mio gatto si mette sulla sedia sbagliata. Non quella col cuscino rosso, dedicata a lui, ma su una di quelle con il cuscino blu. Nemmeno sempre la stessa, tra l’altro. Io allora cosa faccio? Lo scaravento in quasi-malomodo sul suo giaciglio dalle sfumature scarlatte (che poesia, eh?) e lui riprende a dormire.

Non so perché sia così stupido: se si mettesse subito al suo posto, nessuno gli romperebbe le scatole. E invece continua a preferire il capezzale pervinca (e qui l’epica giunge all’apice, con un’allitterazione da Nobel).

Forse lo fa perché preferisce il blu, oppure perché ha la memoria breve. O, semplicemente, è una stramaledetta testa di cazzo. In effetti tutte le prove raccolte portano a quest’ultima opzione.

Ci rimugino un po’, e concludo che questo tipo di problemi appartengano solamente al regno animale.

Appagato dall’incredibile deduzione, decido di andare a letto. Prima di addormentarmi, leggo l’ultimo numero di Inchiostro, e a questo punto ripenso al gatto. Ripenso al suo continuo errore, ripetuto all’infinito. E ripenso a quando la redazione di Inchiostro era formata da gente che sbagliava, certo, ma una volta sola. Insomma: errare è umano, perseverare è diabolico.

Ogni volta ci ricasco, e mi illudo. Chiudo gli occhi, prendo il giornale, ne assaporo con l’olfatto l’inchiostro (minuscolo), riapro gli occhi e inizio a leggere. “Questa volta”,  penso, “sarà diverso”. Ma mi sbaglio.

Finché si tratta di apostrofi al posto di accenti, spaziature sbagliate dei segni di punteggiatura, titoli tutti uguali, posso sopportare. Ma una frase come “Inchiostro è sempre alla ricerca ad ogni tipo di collaborazione”, quella sì, mi fa rabbrividire. Poi però mi consolo, nel vedere un altro errore più avanti nel medesimo testo: per una beffa del destino, suona come una autoammissione.

“Abbiamo bisogno di competenze come giornalisti, blogger, impaginatori, …”.

Sì, come giornalisti avete proprio bisogno di competenze.

PS. Da questo post può sembrare che io stia facendo di tutta l’erba un fascio, ma non è così: all’interno della redazione di Inchiostro sono presenti persone che stimo moltissimo, pure come futuri giornalisti. Il problema è che, quando in un’automobile manca il conducente, l’aria condizionata è inutile.

La fine dei numeri

logoINDAM

Si dice spesso che i numeri vanno avanti all’infinito. È un processo induttivo: se riesco a trovare un punto di partenza e a generare sempre un “successivo” a partire da qualunque numero, allora questi sono infiniti.

Eppure non sarà così per l’INdAM, alias Istituto Nazionale di Alta Matematica. Questo ente di valorizzazione per gli studenti di matematica più meritevoli sta per soccombere sotto l’implacabile scure del Governo, volta a rimettere i bilanci a posto in un Paese, l’Italia, che ha sempre sperperato un po’ troppo.

Lo stesso Governo che qualche anno fa ci ha tolto l’ICI per la prima casa e per la Chiesa, lasciando in ginocchio centinaia di comuni, ora è costretto a trovare i soldi da qualche altra parte, senza però intaccare le promesse elettorali, ovvero senza aumentare le tasse.

Stessa sorte dell’INdAM tocca ad altri enti analoghi, che si prodigavano (anche e soprattutto economicamente) a portare avanti scienze come la matematica, la fisica, la chimica e molte altre, che ormai hanno perso interesse a favore di scienze politiche, comunicazione e biotecnologie.

Qui potete trovare l’appello online contro la chiusura dell’INdAM.

Update. Nonostante sul sito dell’INdAM l’appello rimanga, sembra che l’ente sia stato graziato.

LCSD: Le Casalinghe Saper Devono

di Alice Gioia

Più che un corso per imparare a scrivere articoli di divulgazione scientifica, il Laboratorio di Comunicazione Scientifica e Divulgativa è una vera e propria scuola di sopravvivenza. Anche quest’anno, nelle aule del Collegio Nuovo, Marco Cagnotti (giornalista free lance per il Corriere del Ticino e non solo) metterà a disposizione la sua competenza professionale per tutti coloro che avranno voglia di guardare da vicino il mondo della divulgazione scientifica. Il corso è rivolto specialmente agli apprendisti scienziati che, per qualche ora alla settimana, possono smettere di descrivere il mondo secondo formule matematiche e incominciare a raccontarlo. Ma è aperto anche a quei letterati più volonterosi, che magari sognano di fare i giornalisti ma non hanno mai avuto il coraggio di prendere in mano una penna.
Perchè si comincia proprio dalle basi, seguendo il motto che dà senso all’acronimo del corso, e che dovrebbe rappresentare la missione di ogni divulgatore che si rispetti: Le Casalinghe Saper Devono. Ovvero: spiegare un concetto di fisica quantistica alle amiche casalinghe di Voghera, senza per questo ridursi a schemi semplicistici e inesatti, è possibile. Anzi, è la sfida di ogni giornalista, che si informa, rielabora e poi descrive fatti, avvenimenti, scoperte al proprio pubblico.
E quindi: come si pensa un articolo, come si cercano le fonti e le informazioni, quali sono le tecniche di scrittura e di rifinitura per estrarre da un guazzabuglio confuso di idee un pezzo con un filo logico e una struttura precisa.
Ma non solo: durante il corso è possibile ficcare il naso nel mondo della divulgazione in Italia e all’estero. A partire dalla storia della divulgazione scientifica (da Galileo a Piero Angela, tanto per intenderci), passando attraverso le vicende degli ultimi anni delle riviste che se ne occupano, il Professor Cagnotti porta i suoi alunni alla scoperta di una branca del giornalismo spesso un po’ negletta, ma molto significativa. Senza risparmiarsi nell’insegnare anche qualche trucco del mestiere: come proporsi ad una redazione, come scegliere i temi adatti e come trattare i rapporti con i colleghi e con le fonti. Insomma, una rapida infarinatura di quel savoir faire che è indispensabile nella vita di un giornalista. All’interno del corso, poi, esistono dei momenti pensati apposta per un approccio diretto con gli allievi (o “discepoli”, come li chiama il Professor Cagnotti): ogni settimana è possibile scrivere articoli che verranno corretti e, se meritevoli, pubblicati sul sito di Ticino Scienza, ed è inoltre programmata una parte seminariale del corso in cui gli aspiranti divulgatori possono mettersi alla prova. Ma non voglio aggiungere nulla di più; chi è interessato, si butti. Ogni anno il corso riserva molte piacevoli sorprese.
Ulteriori info su: http://colnuovo.unipv.it/corsi_seminari.html; http://web.ticino.com/lcsd/home.htm.

Occupare il tempo…

Occupazione

Nell’Università di Pavia gli studenti hanno deciso di occupare. Ma in modo democristiano.

Insomma, nel Sessantotto quando gli studenti ce l’avevano con il governo facevano casino. Veramente casino. Ora si fa casino, ma col permesso di mamma e papà. D’altronde che figli di papà saremmo se non fosse così?

Ebbene, l’Aula II di Lettere e l’Aula VI di Scienze Politiche sono occupate. Ma cosa ne pensano le istituzioni? Che domande: sono perfettamente d’accordo. A parte il preside di Economia, prof. Bianchi, che in un suo intervento ha sostenuto una tesi di quelle davvero “rivoluzionaria”: quando era giovane lui si faceva più casino e si spaccava tutto. Loro non erano mica alle prime armi!

Gli studenti di Pavia, invece, occupano in maniera light. Durante il giorno organizzano eventi, offrono caffé, rendono disponibili tutti i quotidiani. Durante la notte dormono. Il tutto solo in un’aula, per gentile concessione. Le lezioni? Spostate in luoghi alternativi, con tanto di note ufficiali sui siti di Facoltà (lettere) (scienze politiche).

Una sera ho voluto assistere personalmente a questa “occupazione” scoprendo che:

  • L’Università non ha chiuso i cancelli per accedere alle aule occupate.
  • Gli studenti hanno però incatenato a doppia mandata i cancelli di cui sopra. Motivazione? Paura degli agguati neonazisti.

Ora, vorrei dare un consiglio ai neonazisti.

Aggiornatevi un po’, non andate in giro a picchiare i comunisti. Non sono veri comunisti, poverini. Credono di esserlo, ma in realtà occupano perché è divertente. Dai, ammettiamolo: è una figata dormire nelle aule universitarie e sentirsi per qualche sera dei veri rivoluzionari formato tascabile, essere in una vetrina e sembrare importanti e indispensabili per il futuro del paese. Almeno avranno qualcosa da raccontare ai figli.

E poi, se si vuole fare uno scherzone divertente, non c’è bisogno di usare la forza. È sufficiente acquistare una bella catena, di quelle antitutto, e “collaborare” alla buona chiusura del cancello. In questo modo il momento di gloria degli occupanti può essere congelato in eterno, per i posteri, in saecula saeculorum.

Effetti collaterali: se l’azione viene attuata lasciando elementi di entrambi i sessi all’interno delle aule, può esserci il serio pericolo che dopo l’apertura delle gabbie questi si siano moltiplicati a dismisura…

Cristicchi, i manicomi e quello che la Provincia non dice

Simone Cristicchi

Mercoledì sera si è tenuto, in Aula del Quattrocento, un incontro sulla legge 180/78, normativa unicum a livello europeo che per una volta ci pone al di sopra degli altri Paesi anziché al di sotto come ci hanno abituati i nostri governanti. Dopo i racconti di Adriano Pallotta (ex infermiere dell’Istituto di Santa Maria della Pietà) e Alberto Paolini (per 42 anni paziente dello stesso manicomio), Simone Cristicchi (vincitore del Festival della Canzone Italiana proprio con una canzone sul tema) ha concluso la serata in musica per allietare i presenti e ricordare che, se la legge 180/78 è stata un’innovazione, la 133/08 di cui si discute in questi giorni ci riporta indietro nel tempo e ci sveglia dal sogno che in Italia si fanno normative in base alle necessità di tutti. L’epiteto “Gelmini, vaffanculo!”, con cui il cantante ha personalizzato il brano “Laureata precaria”, di certo riassume al meglio il malcontento generale sulla situazione dell’istruzione in Italia.

Riporto ora il post di Alice Gioia, pubblicato sul blog di Inchiostro, sempre attinente all’evento sopra descritto.

Ci sono giornali che pretendono di essere chiamati tali solo perché sono stampati su un foglio di carta simile a quello che usano i giornali “seri”. Spesso questi giornali sono anche convinti di fare informazione, perché dicono di occuparsi di cronaca locale.
Certo, se per cronaca locale ci si limita al resoconto strappalacrime dell’anziano rapinato, alle lettere dei politici influenti, o ancora alle proteste di indignati cittadini per lo spostamento di un cassonetto della spazzatura. Queste sono le cose che tirano, che fanno vendere.
Le iniziative belle, invece, non fanno audience. Ecco forse perché la Provincia Pavese si è “dimenticata” di parlare della conferenza tenutasi mercoledì sera in un’Aula del 400 gremita di persone. Si è dimenticata di raccontare le storie di tre ospiti speciali (Adriano Pallotta, ex infermiere del manicomio di Santa Maria della Pietà; Alberto Paolini, ex paziente dello stesso manicomio; Simone Cristicchi, cantautore), che sono venuti a raccontare a un pubblico attento ed emozionato il dramma delle istituzioni manicomiali, di cui ci siamo liberati grazie alla Legge 180/78, la Legge Basaglia. Che hanno condiviso le loro esperienze terribili e bellissime, rievocando ricordi dolorosi ma anche episodi significativi, tasselli fondamentali nella storia umana, sociale e politica del nostro paese. Perché la Legge Basaglia è stato solo l’inizio di un lungo percorso portato avanti dal coraggio degli infermieri e dai pazienti dei manicomi, che hanno lavorato insieme per rendere possibile l’apertura dei cancelli che chiudevano fuori il mondo. Spesso sostenuti e coadiuvati dai movimenti studenteschi, che hanno occupato i padiglioni e hanno promosso iniziative e manifestazioni a sostegno di una delle leggi più importanti della storia dell’umanità, apprezzata e studiata dalla comunità psichiatrica internazionale.
La Provincia si è dimenticata di parlare del libro di Adriano, “Scene da un manicomio”, delle poesie e dei racconti di Alberto, del documentario di Simone, “Dall’altra parte del cancello”. Tutte testimonianze preziose e uniche, che dovrebbero essere diffuse il più possibile, per metterci in guardia dai tentativi di riforma di questa legge, portati avanti da gente che non ha nemmeno idea delle atrocità commesse nei manicomi, allora come oggi, nelle blindatissime strutture private che proliferano in tutt’Italia.
Perché, se la Provincia Pavese se ne dimentica, ce ne dobbiamo ricordare noi.

step1

Logo step1

Oggi mi è giunta notizia che un giornale universitario online rischia la chiusura. Il suo nome è step1 e ho avuto modo di conoscerne alcuni collaboratori durante il Festival del Giornalismo di Perugia.

La testata, nata quasi quattro anni fa nella Facoltà di Lingue e Letterature straniere dell’Università di Catania, ha continuato a guadagnare consensi e lettori, arrivando a oggi con più di 4500 articoli al loro attivo (circa 1300 ogni anno, il che vuol dire più di 3 al giorno!). Purtroppo troppo spesso le attività studentesche, anche se di successo, non ricevono dall’Università l’attenzione e i finanziamenti che meritano. Come è accaduto per Inchiostro qualche anno fa, durante un drastico taglio di fondi, ora tocca ai colleghi di step1 protestare e minacciare la chiusura, motivando le loro scelte in questo (ultimo?) articolo.

Dopo il rischio di chiusura per Facoltà di Frequenza, la prima radio universitaria, nonché probabilmente l’unica che va in onda su FM, emergenza fortunatamente rientrata (o meglio, rimandata di sei mesi), la vicenda che vede coinvolta step1 rimette in discussione il ruolo degli atenei quali enti di difesa della creatività degli studenti, ridimensionandosi a meri “alberghi per cervelli”, luoghi di passaggio in attesa di una vita migliore, troppo spesso all’estero.

Per concludere con ottimismo, citando l’epilogo dell’ultimo articolo di step1, se muore step1, viva step1!

Ultimate volley

Questa sera si sono svolte le finali per i primi quattro posti del torneo intercollegiale di pallavolo femminile.

La squadra del Collegio Ghislieri ha come sempre dato il peggio di sé. Fino a qualche anno fa veniva soprannominata “diesel” per la capacità di iniziare a giocare a regime solo a partire dalla metà del secondo set, quando ormai era troppo tardi. Ora sarebbe da soprannominare “in riserva”: dopo un primo set vincente, a metà del secondo set la squadra è crollata, perdendo poi 2-1. C’è da dire che il tifo del Ghislieri (180 studenti, 7/8 presenti) non era paragonabile con quello del Collegio Santa Caterina (75 studentesse, presenti almeno 30).

La seconda partita è stata invece combattuta fino all’ultimo sangue, a colpi di “Noi vogliamo questa Vittoria!”, scandita con tamburi da entrambe le tifoserie: Collegio Nuovo e Residenza Golgi (c’erano anche urla nuovine: “Noi Collegio, voi Residenza!”). In tutto questo, forse il premio di striscione più ambiguo è stato vinto da “Forza Nuovo”.

Primo set, vinto dal Golgi per una manciata di punti.

“Noi vogliamo questa vittoria!”

Secondo set, vinto dal Nuovo, di nuovo (ih ih) in modo risicato.

“Noi vogliamo questa vittoria!”

Terzo set, infinito. Alla fine la spunta il Nuovo per 18 a 16.

“Noi vogliamo questa vittoria!”

E una delle due fazioni, come previsto, l’ha avuta. Ma la cosa che mi chiedo è: chi sarà mai questa Vittoria? Mi piacerebbe conoscerla…

Ps: questo post va in onda senza fotografie perché sul sito del Nuovo non ce n’è nemmeno una che ritrae il Collegio.

Nausea bipartisan

Veltroni e Berlusconi

Oggi è stata una lunga giornata per la politica italiana.

E un po’ anche per me, visto che mi sono alzato all’alba delle nove e mezza.

Il motivo della mia levataccia è stata l’intervista, da parte di un redattore di Inchiostro, a Furio Colombo, deputato del Partito Democratico nonché ex direttore de L’Unità. L’appuntamento era per le 11.

Mentre l’intervista, iniziata alle 11.10, prosegue in scioltezza (l’On. Colombo è stato molto gentile e loquace) mi sono collegato a internet. Al fine di ottenere informazioni sul suddetto Deputato, a un certo punto mi cade l’occhio sul sito della Camera, in fibrillazione per l’annosa questione di Rete4.

Ma come? Furio Colombo sta parlando al telefono e alla Camera si stava discutendo una legge così importante?

Guardo meglio: Furio Colombo risulta presente.

Ascolto meglio: in sottofondo, nella telefonata, riesco a percepire la voce del Deputato dell’Italia dei Valori che contemporaneamente vedo in streaming sul sito della Camera.

Non solo. Guardando sulla lista degli interventi, risulta anche un intervento dello stesso Colombo, avvenuto alle 10.58, pochi minuti prima dell’appuntamento delle 11. In pratica, una volta detta la propria opinione ci si può considerare liberi, e chi se ne frega di quelli che parlano dopo.

Ma al peggio non c’è mai fine. Tutto sommato Furio Colombo, almeno, a Montecitorio c’era. Sì perché la maggioranza, nonostante il nome che porta, oggi è andata sotto di due voti. Colpa dell’assenteismo, ovvero di quegli 80 Deputati pagati con i soldi degli italiani che non si sono presentati al lavoro questa mattina.

Rimanendo in tema, ma ringiovanendo un po’ corpo e mente, è notizia di oggi pomeriggio la rissa scoppiata tra esponenti di fazioni avverse (sinistra e destra, che novità) alla Sapienza di Roma. Un nome, un ossimoro. Sei persone arrestate e altrettante ferite. Tutto perché la destra voleva fare una conferenza sulle foibe, mentre la sinistra – pluralista solo quando si parla “rosso” – non voleva che avesse luogo in nome dell’antifascismo. Il Rettore, preferendo evitare eventuali subbugli, ha quindi negato l’aula per la conferenza.

Devo ammettere che lo scopo è stato raggiunto…