Oggi ho scoperto alcune cose molto importanti e assurde sui fatidici call center, ovvero quelle stalle dove impiegati-animali stanno in spazi-loculo in continuo contatto con lo sfortunato di turno. Più o meno famosa è la battuta di Beppe Grillo, che manderebbe truffatori vari – invece che in carcere – a lavorare in un call center a 700 euro al mese.
Innanzi tutto occorre fare alcune premesse fondamentali riguardo al lavoro necessario per far funzionare a dovere un apparato di questo tipo. In principio non c’è il verbo, ma un’azienda interessata a contattare quanta più gente possibile, con metodi che spesso sfiorano il limite dell’illegalità (o ne vanno oltre). Questa azienda possiede dei team di lavoro periferici, che dividono i clienti-vittima in zone geografiche. In ciascuna zona geografica, questi team, che dovrebbero fungere da controllori dei call center, appaltano ad aziende terze le telefonate vere e proprie. Queste ultime assumono poi ragazzi, spesso part time, che fisicamente ci telefonano a casa.
Fin qui tutto bene, se non fosse che tutti gli anelli intermedi di questa catena guadagnano in base al numero di telefonate “andate a buon fine”, ovvero al numero di clienti che sottoscrive un qualche tipo di abbonamento. La regola vale a tutti i livelli: dal telefonista sottopagato, fino al componente del team che dovrebbe gestire le aree geografiche. Questo meccanismo provoca una serie di disagi, da parte dell’utente finale, destinatario della telefonata.
- L’utente viene chiamato più volte durante la stessa giornata. Infatti i diversi call center non si “parlano” prima di stabilire chi chiamare, e altrettanto spesso i call center di una determinata zona chiamano utenti di zone che non sono di loro competenza. D’altronde la pagnotta arriva dal numero di contratti sottoscritto, e l’azienda non si lamenterà di certo se il call center di Milano trova clienti a Bari.
- L’utente che dice di non volere il servizio viene richiamato. Vedi sopra.
- L’utente che ha già sottoscritto l’abbonamento viene richiamato. Anche se questo caso può apparire paradossale, è successo anche a me: dopo la sottoscrizione dell’abbonamento a Fastweb, sono stato chiamato per sottoscrivere l’abbonamento a Fastweb. D’altronde se i call center non si parlano e non rispettano le zone geografiche di loro competenza, è ovvio che si generi il caos…
- All’utente viene sottoscritto l’abbonamento anche se in realtà non lo vuole. In questo caso la filosofia del “più ne attivi, più guadagni” supera abbondantemente ogni morale. Quando poi l’utente si lamenta, magari mesi dopo, ormai la pagnotta è arrivata, e lo studentello part time non lavora nemmeno più in quel call center. Quando era accaduto a me con l’ADSL di Alice, Telecom Italia se l’era cavata rimborsandomi il maltolto: il gioco vale la candela, almeno per l’azienda, giacché pochi clienti mediamente arrivano alle vie legali per questioni di poche decine di euro. Da una parte, quindi, conviene al centralinista, dall’altra conviene all’azienda: perché mai qualcuno all’interno del “sistema” dovrebbe lamentarsi e provare a risolvere il problema?
Ora viene il bello. Spostiamo la nostra focalizzazione sul call center visto dall’interno. Il centralinista non sceglie l’utente che deve chiamare, bensì la scelta viene effettuata da un computer.
Perché? Semplice: si risparmia tempo.
Immaginiamo la scena in cui il centralinista compone il numero. Innanzi tutto perde secondi preziosi a comporlo, ma poi si troverebbe davanti a varie opzioni:
- L’utente risponde
- L’utente è occupato
- L’utente non risponde
- C’è un fax
- C’è una segreteria telefonica
Non ci vuole un genio a capire che l’unico caso utile è il primo. Quando capita quindi uno dei rimanenti, il centralinista ha “perso tempo” inutilmente. Per questo motivo il lavoro di chiamare gli utenti lo fa il computer, che sa distinguere i vari casi (a parte, forse, quello della segreteria telefonica). Il centralinista viene “chiamato” solamente dopo che il computer ha deciso che dall’altra parte della cornetta c’è una persona umana (da che pulpito…). Ovviamente capiterà che non ci sono centralinisti liberi, nel qual caso il computer banalmente riattacca per riprovare più tardi: non sia mai che si perda un potenziale cliente!
Interessante… A me è capitato di essere contattata due volte da Wind (una sul telefono fisso e l’altra sul cellulare) per rispondere allo stesso sondaggio; la seconda volta ho fatto presente di aver già risposto a quelle domande, e la telefonista mi ha chiesto: “posso rifargliele lo stesso?” Ora capisco perchè.
Invece Sky mi ha fatto lo scherzo di attivarmi un pacchetto “offerta” (virgolette ironiche d’obbligo) senza che glielo avessi chiesto; quando ho chiamato (a pagamento) il servizio di assistenza, mi è stato detto che non potevo disattivare il pacchetto prima di un anno, e che nel frattempo avrei dovuto, ovviamente, pagare.
E’ un bel post, complimenti. Sconcertante il paradosso del computer che deve individuare se si ha a che fare con un umano. Ma anche tutto il resto.