Viaggio in Norvegia /4 (24 ottobre 2010)

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Ed è arrivato, ahimè, l’ultimo giorno di vacanza.

Ci svegliamo presto, la colazione è servita solamente fino alle 9. Anche oggi english breakfast a base di uova e pancetta. Dopo il fiero pasto, Mattia si corica ancora qualche decina di minuti sul letto, stanco del viaggio e, più probabilmente, sopraffatto dalla malattia che sta covando ed esternando. Una Tachipirina, però, compie egregiamente il suo lavoro e intorno alle 11 partiamo baldanzosi alla volta di Oslo.

La signorina della reception ci suggerisce di non prendere il tunnel (“the big tunnel is just a tunnel”), ma di optare per la stradina che porta a Laerdal attraverso i meravigliosi paesaggi dei fiordi norvegesi. Non senza qualche perplessità, decidiamo di seguire il consiglio e ci avviamo verso la sperduta stradina. Non ci ferma nemmeno un cartello minaccioso con scritto “strada chiusa” all’inizio della salita. Quello che davvero ci fa ripensare alla decisione è una summa di strada tortuosa, ghiaccio sull’asfalto e, soprattutto, totale mancanza del parapetto. È destino che si faccia il mega tunnel.

Dopo la turisticissima fotografia davanti al cartello che declama la lunghezza della galleria (ben 24.6 chilometri), entriamo. Il tunnel sembra non finire mai, e dopo 6 chilometri troviamo un piacevole spiazzo scavato nella roccia e illuminato di una luce azzurrina. Ne incontreremo altri tre e scopriremo che servono per spezzare la monotonia dei 24 chilometri: effettivamente potrebbero causare sonnolenza anche all’autista più preparato.

Fuori dalla montagna, ci troviamo davanti a un bivio: entrambe le strade portano a Oslo, ma una è leggermente più corta. Non ci facciamo intimidire dalle stupide leggende metropolitane e imbocchiamo quest’ultima, finendo né più né meno in una zona quasi desertica degna della steppa siberiana.

Per fortuna dopo qualche decina di chilometri incontriamo Gol, un piccolo squarcio di civiltà, sottolineata anche dagli impianti sciistici e dai negozi di articoli sportivi. La fame inizia a farsi sentire, quindi ci fermiamo in un fast food gestito da pakistani per pranzare con due piatti di indefinibili proporzioni.

Nonostante l’abbiocco, ripartiamo senza troppi problemi. Come sempre nella nostra avventura last minute, mentre io guido, Mattia si occupa di prenotare l’albergo. Questa volta troviamo posto in un megalussuoso hotel a quattro stelle in un piccolo paese chiamato Asker, a est di Oslo.

All’arrivo, il ragazzotto della reception non trova la nostra prenotazione, ma una telefonata provvidenziale (e un po’ minatoria) al servizio clienti di Olotels ci permette di dormire. Anche per stanotte è fatta: veloce cena al McDonald’s a pochi metri dall’albergo e poi a nanna, per l’ultima volta in terra norvegese.

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